Pensando all’Europa oggi
Denis de Rougemont in vita, era tra i più tenaci e convinti propugnatori «dell’unità europea». La Fondazione Centro Studi Campostrini pubblica uno dei suoi testi ancora troppo trascurati in Italia.
di
Damiano Bondi
L’Avventura Occidentale dell’Uomoè un libro pericoloso, scritto da un autore pericoloso. Europeista, tecnofilo, cristiano, politicamente scorretto. Tutte cose che oggi non godono di molta considerazione.
Di fronte ad un’
Europa incapace di sentirsi unita, ripiegata sui propri dogmi economici, distante dai cittadini, assolutamente inefficace nel fronteggiare le spinte centrifughe secessioniste che si nutrono di un rinnovato “nazionalismo internazionale”, ha senso pubblicare un volume in cui si legge che l’Europa ha creato la storia, ha scoperto la terra, è la patria dell’avventura e della ricerca senza fine – e perciò ha inventato il metodo scientifico –, ed è infine la terra degli equilibri in tensione – e perciò ha generato l’armonia delle sue sinfonie?
Denis de Rougemont, in vita, era tra i più
tenaci e convinti propugnatori «dell’unità europea». Concretamente, egli fu il relatore della Commissione culturale del Congresso dell’Aia nel 1948, il presidente della prima Tavola Rotonda del Consiglio d’Europa nel 1952, e il creatore e direttore a vita del Centro Europeo della Cultura (CEC), da cui ha preso forma il CERN ginevrino. Perché allora quasi nessuno, oggi, annovera il suo nome tra i padri fondatori dell’UE? Perché il suo progetto di Europa era radicalmente diverso da quello che è stato poi posto in essere.
Rougemont si è sempre professato un convinto sostenitore del cosiddetto “federalismo integrale”, che si rifaceva a Proudhon e si fondava su una critica feroce contro quello che Bauman definiva «sovranità westfalica», ovvero lo Stato-Nazione di concezione tardo-moderna. Nato per la guerra e funzionale ad essa, lo Stato-Nazione sarebbe inoltre stato troppo piccolo e troppo grande, ovvero incapace di difendersi da solo e al contempo inadeguato a garantire una partecipazione attiva del cittadino alla cosa pubblica; bisognava dunque superarlo dal basso (attraverso un processo di decentralizzazione localistica) e dall’alto (mediante una federazione continentale di unità regionali). Il federalismo avrebbe così attuato il suo compito di generare un equilibrio tra le forze opposte e dinamiche dell’autonomia e dell’unione, compito sulle cui basi teoretico-filosofiche tutti gli intellettuali personalisti – Emmanuel Mounier, Alexandre Marc, Arnaud Dandieu, Robert Aron, Rougemont – insistevano sin dagli anni Trenta del Novecento. Salvo poi essere spazzati via, come le loro speranze, dal conflitto mondiale. Dopo la guerra, finalmente, si capì che l’Europa doveva unirsi, se non voleva suicidarsi: così l’Unione Europea, pur nei suoi evidenti limiti politici, è riuscita fino ad oggi a garantire, per gli Stati membri, un periodo di pace che è uno dei più lunghi di tutta la storia occidentale
*.
Tuttavia, l’attuale assetto politico-istituzionale del Vecchio Continente è ben lontano da quello preconizzato dai padri del federalismo europeo. La linea rougemontiana, storicamente, si è rivelata perdente rispetto a quella di JeanMonnet: l’Europa degli Stati ha prevalso sull’Europa federata, e l’Unione economica è stata anteposta a quella culturale. Rougemont, in merito, ha sempre considerato il principio per cui l’unione economica avrebbe generato a cascata l’unione politica e sociale (secondo un modello struttura-sovrastruttura) come fallimentare, dovuto all’imporsi un’ideologia prima marxista e poi borghese.
Il risultato odierno è sotto gli occhi di tutti: l’UE, oggi, nonostante i suoi meriti, è percepita come un’istituzione distante, oscura, poco democratica, governata da personaggi ignoti ai più, e che tuttavia pretende di dettar legge ai singoli Stati membri, in nome di un’autorità economica presentata come inoppugnabile e assolutamente superiore rispetto a ogni eventuale questione di ordine sociale, etico o giuridico. Prova ne siano le continue sovrapposizioni tra costituzione europea e costituzioni nazionali, i balbettii di Strasburgo sulla questione dei flussi migratori, la recente
Brexit, e il successo crescente di movimenti politici neo-nazionalisti in molti Stati europei, che trovano sponde floride anche oltreoceano.
A Ginevra, nei pressi di
Place des Nations, si trova
rue Denis-de-Rougemont: qui sorge la sede europea delle Nazioni Unite. Significativamente, è una strada senza sbocco. Forse converrebbe riaprire il cantiere.
L’Avventura Occidentale dell’Uomoè un libro libero, scritto da una persona libera. Buona lettura.
*Il fatto che molti di noi siano nati e cresciuti in questa situazione irenica rischia di farcene minimizzare l’importanza capitale, e di spingerci a liquidare frettolosamente come assurdo il Premio Nobel per la Pace che è stato assegnato all’UE nel 2012.